I saturimetri per la misurazione non-invasiva dell’ossigenazione del sangue

Mag 28, 2015 |

L’ossigeno che circola nel nostro sangue viene trasportato da una proteina, l’emoglobina, che è presente in due forme: una è, appunto, quella legata all’ossigeno mentre l’altra è l’emoglobina libera.

Più il sangue è ossigenato, e maggiori saranno le quantità di emoglobina legata: questo parametro è molto importante per valutare se un paziente gode di buone condizioni di salute e non soffre, ad esempio, di insufficienze respiratorie.

Dal punto di vista fisico l’emoglobina ossigenata assorbe di più la radiazione infrarossa (lunghezza d’onda di 850-1000 nm) lasciando invece passare la luce rossa (600-750 nm), mentre nell’emoglobina nella forma deossigenata avviene il contrario: misurando quindi le lunghezze d’onda che vengono trattenute o lasciate passare è possibile avere una stima della saturazione del sangue.

Lo strumento che effettua questa misura è il saturimetro, dispositivo di piccole dimensioni ma di grande importanza per il monitoraggio dei pazienti poiché consente di determinare la cosiddetta saturazione (SpO2).

Si possono trovare in commercio saturimetri di ogni tipo ma, naturalmente, quelli più affidabili ed accurati sono i modelli professionali per uso medicale. Di questi dispositivi esiste una gamma piuttosto ampia che comprende, in particolare, modelli che consentono di effettuare la misurazione in continuo oppure a spot.

In genere nella maggior parte dei saturimetri oltre alla misurazione della SpO2 viene eseguita anche la rilevazione della frequenza cardiaca: ecco perché questi strumenti sono di straordinaria utilità a livello medico.

 

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